X-men: giorni di un futuro passato – recensione

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X-men: giorni di un futuro passato – recensione

Inizialmente, Days of Future Past doveva essere diretto da Matthew Vaughn, già regista del più che discreto First Class (da noi X-Men – L’inizio) e rappresentare un sequel diretto di quel film. Ma quando Bryan Singer, che ha di fatto plasmato la saga dirigendone i primi due, riuscitissimi, episodi, ha ripreso in mano le redini del progetto ha dato vita a un’operazione ben più ambiziosa, decidendo di ricollegare le due linee temporali dei tre film della saga ‘base’ con quella ambientata nel passato di First Class, usando come collante il personaggio più noto, quello che ha goduto di ben due spin-off personali: Wolverine. Riuscendo, così, a riunire i cast dei vari film in una pellicola corale per certi versi non dissimile da The Avengers, con cui ha in comune, inoltre, l’ottima gestione dei personaggi. È innegabile, difatti, che spesso i film sugli X-Men abbiano sofferto dell’essere Wolverine-centrici, sacrificando gli altri personaggi e mostrandone alcuni in maniera inappropriata (vedasi X-Men: Conflitto finale). Addirittura, First Class era minato dall’avere, nel roster di protagonisti, alcuni Uomini-X di serie B che suscitavano ben poco interesse nello spettatore. Qui, invece, nonostante l’enorme quantità di character presenti, ognuno ha il suo spazio ed è aperto a prospettive future. Certo è vero, i nuovi mutanti del futuro (così come Toad, Ink e Havok nel passato) non sono molto approfonditi, psicologicamente, ma fanno bella mostra di sé e funzionano molto bene nel contesto. Ma, soprattutto, non è un “one man show” di Jackman, che lavora perfettamente in alchimia tanto con i grandissimi Stewart e McKellen che con James McAvoy e Michael Fassbender, dando vita anche ad alcune belle scene. Oltretutto, gli interpreti di First Class appaiono qui più maturi e convincenti nei rispettivi ruoli: non solo i giovani Charles ed Erik (che qui non sembrano mere ‘versioni alternative’ ma ricordano bene i loro alter ego “anziani”) ma anche Nicholas Hoult/Bestia e Jennifer Lawrence/Raven. Graditissima sorpresa, inoltre, quella rappresentata dal Quicksilver di Evan Peters: in foto non rendeva minimamente ma la resa su schermo è ottima, dato che è un personaggio assai ben congegnato nell’economia della trama. Trama che, tra le altre cose, oltre ad essere avvincente e priva di grossi buchi logici ,riesce anche a mettere una pezza a gran parte delle numerosissime incongruenze che si sono andate a creare nel corso degli anni, principalmente nei film non diretti dallo stesso Singer. Il cui tocco, c’è da dirlo, è decisamente personale e riconoscibile, col suo modo unico di mostrare l’azione fumettistica su schermo in modo divertente, funzionale ma mai banale, e spesso assai scenografico anche senza dover utilizzare effetti speciali incredibili. Il livello di mero “spettacolo” è difatti forse leggermente inferiore a film simili diretti concorrenti, ma Singer dimostra che quello che deve tenere incollati alla poltrona non è il VFX (effetti visivi)d’avanguardia quanto il senso scenico, la bravura degli attori e la giusta inquadratura. Due ore e dieci di film scorrono veloci e la noia non prende mai il sopravvento, grazie a dialoghi azzeccati e un’ironia appena sottile e mai invadente. Degni di nota anche le numerose citazioni e strizzate d’occhio pop/nerd (non necessariamente legate al mondo Marvel) presenti nella pellicola, che vi lasciamo individuare da voi per non perdere il gusto della scoperta. Naturalmente il film è disseminato da camei più o meno interessanti, ma che saranno sicuramente apprezzati da tutti: vi diciamo solo che, comunque, Stan Lee non c’è, mentre Rogue sì. E l’invito è quello a restare in sala fino alla fine dei titoli di coda: avrete un’anticipazione relativa a X-Men: Apocalypse, previsto nei cinema per il 2016.

Voto 9