Suburra – Manuale dell’Italia
Mafiosi, politici, prostitute, spacciatori e chi più ne ha più ne metta, questi sono i protagonisti del film italiano Suburra. Ci tengo a precisare “italiano”, perché soprattutto negli ultimi anni è sempre più raro trovare dei film italiani che meritano, soprattutto se distribuiti dalla “01 Distribution”.
Ritornando a noi, Suburra è stato diretto da Stefano Sollima ed è basato sull’omonimo romanzo e vede la partecipazione di Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola ed Elio Germano, che interpretano rispettivamente l’on. Malgradi, il boss Samurai e l’organizzatore di eventi Sebastiano. Tutta la storia si concentra nei sette giorni precedenti alla caduta del governo Berlusconi, quando l’ultimo superstite della banda della Magliana, il boss Samurai, sta per trasformare il litorale di Ostia in una Las Vegas, chiederà l’aiuto di numero 8 il capo mafioso di Ostia e all’on. Malgradi un deputato corrotto di destra, il primo aiutar Samurai per l’acquisto dei terreni e il secondo per l’approvazione di una legge sulle periferie. S’intreccia a questa storia quella di Sebastiano e della famiglia di zingari Anacleti che cercando di riscattarsi e ottenere potere si faranno coinvolgere nell’azione.
La storia che detta così può sembrare semplice, vi assicuro che non poi tanto semplice, l’intreccio e i continui cambi di scena e di personaggi rendono la continuità un po’ difficile da seguire, ma Sollima ha fatto un eccellente lavoro, ogni filone è stato trattato con una cura unica, ogni sotto-trama è stata seguita senza mai far distrarre lo spettatore. Quando la storia si faceva un po’ difficile da seguire, Sollima ha fatto un passo indietro e sì e riallacciato a un altro filone, che nel frattempo eri riuscito a capire. Un’altra cosa che va notata è la semplicità. Quando si fa un film del genere, dove ci sono sparatorie, inseguimenti e molta azione, il regista finisce per aggiungere oggetti troppo fuori luogo. Facciamo un esempio, nella scena del super-mercato che si vede anche nel trailer, sono state usate delle pistole come armi, io credo che se si usasse già un fucile, la scena era troppo spropositata e innaturale. Questo che può sembrare un piccolo dettaglio, è importantissimo se non si vogliono snaturare intere sequenze.
Anche la fotografia ha un ruolo di grande importanza, quasi tutte le scene sono stare realizzate in modo cupo, oscuro per rendere di più il senso di malavitoso e criminale.
Ma la vera rivelazione sono stati i protagonisti: a dir poco meravigliosi. Claudio Amendola riesce a impersonare il boss come pochi, la sua interpretazione e fantastica, fa venire la pelle d’oca, ogni volta che apre bocca ci si sente inferiori e impotenti, anche quando si trova a discutere contro il capo degli Anacleti. Non di meno sono le interpretazioni di Elio Germano calato perfettamente nella parte dell’impotente, e di Pierfrancesco Favino che tiene il confronto con un’interpretazione dell’onorevole indeciso. Un altro fattore da tenere a mente è il cambiamento dei personaggi, se da una parte Samurai rimane fermo nei suoi atteggiamenti da inizio a fine del film. Malgradi che Sebastiano subiscono un cambiamento radicale, Malgradi da indeciso e spaventato, a fine film si trasforma in un uomo pronto a tutto e senza scrupoli, lo stesso accede per Sebastiano che da uomo sottomesso e impotente a contatto con la malavita si trasforma in un assassino senza scrupoli, e tutto reso in modo impeccabile e senza buchi di sceneggiatura. Quest’ultima fa un lavoro di gran classe, riuscendo a creare dialoghi che suscitano forti emozioni e riescono a rimanere impressi fin da subito.
A finale, mi sono trovato davanti ad un film di qualità come i più grandi successi, un film che senza sbavature o errori riesce a ricreare lo stato italiano di quattro anni fa, come adesso. Uno stato dove la mafia controlla tutto, dalle strade ai parlamentari, dalla paura alla religione, dove tutto e gestito da imbroglio sopra altri imbrogli e dove ognuno pensa solo a se stesso e al potere senza badare agli altri. Tutto questo reso in sole due ore di film. Ma alla fine la speranza c’è, la speranza in un futuro migliore.
Per ultimo cito una frase dell’on. Malgradi che mi ha aperto gli occhi: “Sai che c’è, è che ora come ora in questo paese, uno come me, uno che sta dove sto io, uno che è arrivato dove sono arrivato io se ne fotte della magistratura. Io sono un parlamentare della Repubblica Italiana!”
Detto questo ci vediamo alla prossima recensione.
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