Perez. e la Napoli cupa di Edoardo De Angelis
Non accade tutti i giorni di ambientare un film a Napoli, prendendo come unico riferimento logistico il Centro Direzionale. Strano a dirsi, ma quell’aggregato di grattacieli progettato dall’architetto giapponese Kenzo Tange, è il luogo che anima le giornate dell’avvocato Demetrio Perez. Nella zona “meno partenopea” di Napoli, il personaggio interpretato da Luca Zingaretti vive, lavora e svolge tutte le attività quotidiane, come se non avesse bisogno di uscire da lì neanche per una boccata d’aria. La metropoli della pizza, del mandolino, dei presepi, di Maradona, viene celata in tutta la sua bellezza ma il regista Edoardo De Angelis, quasi a non far perdere percezione del luogo agli spettatori, decide di aprire il film con l’immagine raffigurante quello che ne è il tratto distintivo: il Vesuvio che si affaccia sul Golfo di Napoli. Senza codesto scatto fotografico, nel primo quarto d’ora gli spettatori avrebbero avuto quasi difficoltà a riconoscere il capoluogo della Campania.
Luca Zingaretti, o per meglio dire Demetrio Perez, vaga prima a piedi, poi con la sua auto, travolto da una miriade di pensieri che riguardano la sua vita. La vorticosa rotazione di tutti questi pensieri e l’atmosfera cupa, rarefatta vengono accompagnate dalla composizione musicale scelta da Riccardo Ceres. Una colonna sonora che non lascia dubbi, in merito ad un possibile nesso con il famoso tema blues dai filamenti metallici tenuti e indefiniti affidato al sassofono, che il pluripremiato compositore Bernard Herrmann scelse nel 1976 per Taxi Driver di Martin Scorsese. Luca Zingaretti come Robert De Niro, Demetrio Perez come Travis Bickle. Entrambi affranti da tanti piccoli dubbi esistenziali che vengono risolti, positivamente o negativamente, nel corso dei rispettivi film.
E questi scrupoli, preoccupazioni che affollano la sua mente, non lasciano libero Perez, neanche quando egli di buon mattino si tiene in forma correndo, o per dirla all’inglese, facendo jogging. Mentre si appresta a mettersi in movimento, avviene quell’evento tragico che spezza in due il normale evolversi della sua vita. Alle spalle, l’avvocato avverte l’urlo di qualcuno che nomina il suo cognome “Perezzzzzzzzz” ed un tonfo successivo che è semplice identificare in un suicidio. Il pubblico si chiede: E’ stato un suicidio? Chi ha deciso di farla finita? Neanche il tempo di aprire ogni riflessione, che il film cambia completamente tempi di ripresa.
Perez viene catapultato davanti al Palazzo di Giustizia del Centro Direzionale, dove ogni mattina si presenta per svolgere il suo lavoro di avvocato. In quell’istante la possibilità che quell’ammasso di grattacieli appartenesse a città dell’Europa del Nord viene disintegrata. Il caos dei tribunali campani, le urla dei delinquenti dal dialetto napoletano, le guerre tra gli avvocati ad accaparrarsi nuovi clienti in modi alquanto loschi: Napoli piomba nel film ufficialmente. Da quel momento parte quell’intreccio di relazioni che girano intorno a Demetrio. Il rapporto di amicizia mai banale con Ignazio Merolla (interpretato perfettamente da Gianpaolo Fabrizio), la sua investitura come legale difensore di Luca Buglione (Massimiliano Gallo), l’amore incondizionato per la figlia Tea che non viene scalfito neanche dal legame di lei con il camorrista Francesco Corvino, l’assenza della moglie da cui ha divorziato da qualche anno.
Decisamente riflessivo su ogni minima decisione, Demetrio non digerisce la storia d’amore tra la figlia ribelle e Marco D’Amore, apprezzatissimo attore casertano che interpreta Corvino sulla falsariga di Ciro Di Marzio nella serie tv Gomorra. A causa di codesta relazione, Demetrio è costretto ad eseguire una serie di cose che non si addicono tanto ad un difensore della giustizia e cade in un limbo: agire o fermarsi ad assistere all’evolversi dei fatti. Zingaretti propende per la prima opzione, avendo come unico obiettivo quello di salvare la vita della figlia. Dalla caduta, alla resistenza, dal ricatto all’agire, Perez. è l’opera seconda di Edoardo De Angelis, un noir che ha affascinato la settantunesima edizione della Biennale di Venezia e che ha riscontrato il tutto esaurito al “Duel” di Caserta per la prima assoluta. Un film che non aggiunge molto rispetto a quanto raffigurato in precedenza sul modus vivendi camorristico ma che fa capire, ancora una volta, cosa una persona onesta è obbligata a fare in particolari circostanze, quando la propria figlia è tenuta ostaggio del fidanzato criminale nel sottotetto.
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