IL RICORDO DI TIZIANO TERZANI AD UNDICI ANNI DALLA MORTE

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IL RICORDO DI TIZIANO TERZANI AD UNDICI ANNI DALLA MORTE

Nel ricordare la scomparsa di Tiziano Terzani avvenuta il 28 luglio del 2004 sono passati undici anni lo vogliamo ricordare per essere stato un grande giornalista e scrittore che con la sua penna ha saputo raccontare il mondo e i suoi eventi. Egli aveva un punto di vista molto particolare e sempre denso di esperienze vissute in un viaggio costante sia all’esterno, da un Continente all’altro, sia all’interno, nel proprio io, nel proprio essere. Passa l’infanzia nelle atmosfere popolari del quartiere Monticelli, abitato prevalentemente dalla classe operaia, nel rione che diventa, dalla seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, uno dei fulcri della diffusione di quegli slanci ideologici internazionalisti e socialisti. Il padre meccanico ‘comunista, ex partigiano’ e la madre di origini contadine ‘cattolicissima’, malgrado le ristrettezze economiche, trasmettono a Tiziano la loro salda moralità e la dignità dell’umile, contribuendo a farlo crescere in un ambiente tollerante. Durante i suoi studi, portati avanti brillantemente malgrado il rischio d’interromperli per problemi economici, il giovane Terzani viene indirizzato, dai professori che gli danno la possibilità e il sostegno per proseguire, al liceo Classico ‘Galileo’ di Firenze. All’età di sedici anni ha modo di passare le prime vacanze scolastiche in Svizzera, occasione in cui lavora come lavapiatti e riesce a pagarsi il primo viaggio a Parigi, passando per il Belgio e la Germania. Dopo il diploma ottiene una borsa di studio per il Collegio medico-giuridico di Pisa che dipendeva allora dalla Scuola Normale di Pisa. Tra i compagni di studio vi era Giuliano Amato. Si laurea con il massimo dei voti nel 1961 e lo stesso anno si sposa con Angela Staude, figlia del pittore tedesco Hans- Joachim Staude. Ricorda la moglie: ‘Lui era elegante, anche se possedeva un solo vestito che sua madre gli stirava tutti i giorni. Io vestivo malissimo: mi portava al cinema Eolo di San Frediano, perché si vergognava ad andare in via Martelli, dove c’erano le ragazze con i golfini antracite, le perle e la pelliccia. Ero diversa dalle fiorentine, credevo fosse la mia debolezza, invece…’.Segue un master di sei mesi in Inghilterra e nel 1962 inizia a lavorare per la Olivetti inizialmente come venditore poi occupandosi del personale estero. Nel 1965 Terzani viene inviato all’estero per tenere dei corsi di formazione. Si reca in Giappone e in Sud Africa, terra in cui partecipa in prima persona alle vicende dell’apartheid e dello sfruttamento sociale in Africa. Temi che affronta nei suoi primi scritti giornalistici pubblicati dalla rivista “Astrolabio”, diretta da Ferruccio Pari. Un’esperienza che fa maturare in lui un forte senso civico e il desiderio di cambiare vita e di scrivere dei suoi viaggi. Si licenzia dalla Olivetti nel 1969 e accetta una borsa di studio in Lingua e Cultura cinese promossa dalla Columbia University di New York. Approfondisce la cultura e il nuovo sistema sociale in atto nel Repubblica Popolare. Nel 1970, dopo alcune collaborazioni per “Astrolabio” e per “Il Giorno”, Terzani diventa il corrispondente in Asia per il settimanale tedesco “Der Spiegel”. Lo stesso anno nasce il primogenito Folco, al quale segue la nascita della figlia Saskia nel 1971. Lo stesso anno sottoscrive il documento pubblicato su “L’Espresso” contro il commissario Luigi Calabresi. La famiglia si trasferisce a Singapore, da dove Terzani potrà seguire gli sviluppi della Guerra del Vietnam, che racconterà in ‘Pelle di Leopardo’, pubblicato nel 1973. Assiste alla presa di potere dei comunisti di Saigon, che riporta nel 1975 in ‘Giai Phong! La liberazione di Saigon’, tradotto in varie lingue. Si trasferisce a Hong Kong, poi a Pechino nel 1979 e manda i propri figli alla scuola pubblica cinese. ‘Avevo 9 anni e mio fratello Folco ne aveva 11 quando mio padre ci iscrisse alla scuola cinese comunista. Fummo catapultati in un ambiente completamente diverso, senza conoscere una sola parola di cinese, eppure la ricordo ancora come un’esperienza bellissima’ dichiara la figlia Saskia. Al 1981 risale la pubblicazione ‘Holocaust in Kambodsch’ nella quale Terzani l’autore racconta la propria esperienza in Cambogia, a Phnom Penh, dopo l’intervento vietnamita. Viene espulso dalla Cina. Spiega la moglie Angela che ‘dopo un servizio devastante apparso sullo ‘Spiegel’, tre puntate intitolate ‘La distruzione di Pechino’, piene di informazioni ricevute sottobanco, in cui dimostrava che il partito aveva distrutto una delle città più belle del mondo, venne sequestrato in casa e liberato solo per l’intervento diretto del presidente della Repubblica Sandro Pertini. I cinesi buttarono all’aria la nostra casa, ma la sola cosa controrivoluzionaria che trovarono fu una caricatura fatta da Folco: Tiziano vestito da imperatore, seduto in trono, e sotto la scritta, lunga vita al Partito comunista cinese’. Nel 1985, esce ‘La porta proibita’, un reportage sul suo soggiorno in Cina edito in Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Si trasferisce a Tokyo fino al 1990 mentre continua a collaborare per numerose testate e riviste come l’Espresso e Alisei e per la radio e televisione svizzera con Leandro Manfrini. Segue il crollo dell’Unione Sovietica, raccontato in ‘Buonanotte, Signor Lenin’, libro selezionato per il Thomas Cook Award, premio inglese per la letteratura da viaggio. A partire dal 1994 si stabilisce in India con la famiglia. Terzani elegge come propria residenza una piccola dimora sull’Himalaya, dove si ritira di tanto in tanto per dare sfogo alle sue riflessioni. ‘In India si dice che l’ora più bella è quella dell’alba, quando la notte aleggia ancora nell’aria e il giorno non è ancora pieno, quando la distinzione fra tenebra e luce non è ancora netta e per qualche momento l’uomo, se vuole, se sa fare attenzione, può intuire che tutto ciò che nella vita gli appare in contrasto, il buio e la luce, il falso e il vero non sono che due aspetti della stessa cosa’. “Un indovino mi disse”, edito nel 1995, è la cronaca di un anno vissuto come corrispondente in Cina senza mai prendere un aereo. Questo era stato infatti il consiglio di un veggente incontrato nel Sol Levante vent’anni prima. Libro che diventa subito un best seller, colmo di quel senso di verità contenuto nella rivelazione orientale del destino alla quale neanche lui seppe opporsi: ‘Pensai che il miglior modo di affrontare quella ‘profezia’ fosse il modo asiatico: non mettercisi contro, ma piegarcisi’. Nel 1997 vince il Premio Balzani all’inviato speciale. Ma lo stesso anno appaiono i primi sintomi che porteranno alla diagnosi del cancro. Nel 1998, segue la pubblicazione del reportage a sfondo autobiografico “In Asia’. Infine, l’impegno inderogabile con la storia e la guerra. Nel 2002 pubblica ‘Lettere contro la guerra’, sull’intervento militare in Afghanistan e sul terrorismo, rifiutato dagli editori anglosassoni. Una risposta anche al pamphlet di ‘La rabbia e l’orgoglio’ di Oriana Fallaci, anticipata da Terzani in una ‘Lettera da Firenze’ pubblicata sul Corriere della Sera l’8 ottobre 2001 nella quale scrive una lunga riflessione sulle conseguenze dell’incitazione alla violenza: ‘Il nostro di ora è un momento di straordinaria importanza. L’orrore indicibile è appena cominciato, ma è ancora possibile fermarlo facendo di questo momento una grande occasione di ripensamento. È un momento anche di enorme responsabilità perché certe concitate parole, pronunciate dalle lingue sciolte, servono solo a risvegliare i nostri istinti più bassi, ad aizzare la bestia dell’odio che dorme in ognuno di noi e a provocare quella cecità delle passioni che rende pensabile ogni misfatto e permette, a noi come ai nostri nemici, il suicidarsi e l’uccidere’. Appoggia la causa di Emergency ‘Fuori l’Italia dalla guerra’ e avvia con Gino Strada una serie di incontri pubblici a sostegno della pace, anche nelle scuole. Nel 2004 esce ‘Un altro giro di giostra’, nel quale Terzani descrive la propria condizione esistenziale lungo l’evoluzione della malattia e il viaggio che intraprende alla ricerca di aiuto per la guarigione, dalla moderna medicina occidentale alle medicine alternative, recandosi in paesi e civiltà lontane. Nel 2007, il libro è diventato uno spettacolo teatrale scritto da Simone Gambacorta. Afferma Terzani: ‘Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso.’ Negli ultimi mesi della sua vita, con il figlio Folco realizza un’intervista molto commovente, ‘La fine è il mio principio’, nella quale racconta al proprio figlio il senso della vita: ‘Se hai capito qualcosa la vuoi lasciare lì in un pacchetto’. Poco prima di scomparire si ritira nel suo rifugio a Orsigna, nell’Appennino tosco-emiliano. Inevitabilmente, nell’estate del 2004, giunge alla stampa una nota diffusa dalla moglie Angela, che annunciava la morte di Terzani.

 

Hanno detto di lui:
‘Era un sorriso incantato, se vedeva cose belle, persone belle. Commosso, se era stato toccato dall’umanità nell’altro. Era un sorriso che ti dava il benvenuto, che ti invitava a parlare, a essere com’eri. Poteva essere beffardo, tenerti a distanza. Per il resto non sorrideva facilmente. Era sincero anche in questo’. (Angela Terzani Staude)

‘La realtà era per lui la più bella delle favole. Parlava sempre di quella. Non ha mai raccontato favole ai nostri figli, ha raccontato a loro le proprie avventure, avventure vere. Sulle favole si è soffermato solo negli ultimi anni della sua vita, quando nelle storie del Medio Oriente, nelle storie del Buddha, nei poemi epici indiani o nella tradizione dei saggi, scopriva gli insegnamenti che cercava’. (Angela Terzani Staude)

‘Tiziano era informatissimo sulle cose di cui parlava. Ragionava con grande rigore, non sopportava l’irrazionalità, quella che lui chiamava l’isteria, l’imprecisione dei fatti, il populismo, l’arringare. E soprattutto aveva sempre, in ogni discussione, rispetto delle ragioni degli altri’. (Angela Terzani Staude)

‘Mio padre ha guardato oltre i sogni, i suoi stessi desideri e ha condannato quello che vedeva. Era un uomo forte e a tratti estremamente severo, ma è sempre rimasto un idealista che credeva nella forza dell’uomo e della pace’. (Saskia Terzani)

‘Guardava la sua vita e la vedeva completa, come un cerchio che si chiude. Allo stesso modo lui ci comunicava una profonda fiducia in noi che restavamo. Era come se ci affidasse tutto quanto: ecco, vi do le chiavi della mia vita, sembrava dicesse, tutto funzionerà da sé’. (Folco Terzani)

‘Il suo rapporto assolutamente lineare tra idee, stile e concretezza. La sua è una forza semplice, ma non banale. Le sue convinzioni derivano da un approccio empirico alla conoscenza. Terzani non era un Salgari, capace di evocare le identità territoriali standosene seduto dietro una scrivania. Terzani fu intellettuale d’azione.

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Il suo rapporto con la scrittura è stato assolutamente fisico e viscerale. La sua limpida passionalità ti disarma’. (Simone D’Alessandro)
‘Un giornalista, che con i suoi scritti è diventato uno degli scrittori più importanti del momento e questo libro non è stato mai scritto ma detto, parlato raccontato in una sterminata intervista al figlio Folco. Il suo incontro con i lettori è troppo semplice chiamarlo successo. È piuttosto una ondata che ha travolto e avvolto e che, come fa il mare, si rinnova sempre’. (Mario Maranzana)

‘Il lascito fondamentale è la sua ‘eticità’ in diverse forme: appassionato amore della verità e quindi sincerità del dire e dello scrivere, fino alla durezza; intransigenza nella difesa dei valori fondamentali (pace, dignità dell’uomo, arte e cultura); coraggio della curiosità e dell’indagine senza rispetto o timore di autorità e convenzioni; capacità di attenzione all’altro, nel concreto della sua vita e della sua identità’. (Vincenzo Cottinelli) ‘

Tiziano era apparso come in una visione, nei giardini dell’ospedale di Emergency a Kabul: era l’inverno del 2001. Con la sua veste di cotone bianco come la barba, i sandali e una borsa di cuoio a tracolla, noi con giacche a vento e maglioni. (…) Ascoltavo i suoi pensieri. Sulla incapacità di molte persone di diventare esseri ‘umani’, sulla ricchezza talmente ricca da non avere più senso né uso possibile, sul razzismo, anche quello ‘democratico’, che sembra dilagare ovunque, sulla necessità – per Tiziano un bisogno fisico – di ricominciare a studiare, a pensare, a riconoscere se stessi per ritrovarci tutti con un qualche sogno, speranza, progetto comune’. (Gino Strada)

‘Persino un mio vecchio compagno di colleggio, il giornalista e scrittore Tiziano Terzani oggi vive in un bungalow sotto l’Himalaya. Forse ha ragione lui. Forse hanno ragione quei catastrofisti secondo cui ci siamo cacciati in un brutto guaio’. (Giuliano Amato)

Giovanni Cardone